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La grande ile! Madagascar

La grande ile! Madagascar

Studentessa secondo anno Ft Bolzano.: Federica Gogele

 

La Grande Ile! Madagascar… É come vedere le cose per la prima volta e mi piace ritrovare la capacità di stupirmi. Qui servirebbero parole nuove per descrivere la realtà che mi circonda. Non so bene quando sono arrivata, ho come perso la cognizione del tempo, i primi giorni mi sono serviti per “cambiar pelle”, quella vecchia non era adatta a questi luoghi, così umanamente selvaggi, senza filtri ne barriere. Ci si perde nel vivere più spontaneo e naturale possibile, non ci sono ritmi e frenesie, solo tempi scanditi dalla quotidianità e accettati con una serena rassegnazione che fa della Natura una normale e costante presenza, da cui dipendere e con cui convivere senza alternative possibili. Nulla di ciò che a noi parrebbe normale qui lo è. Non ci sono le nostre necessità, anzi, qui va bene solo per il fatto che la pioggia non trasformi le strade in paludi ed i tetti delle case fatti di foglie di banano intrecciati reggano, che una donna partorisca senza morire, che ci sia da mangiare per tutti…

La polvere ricopre ogni cosa, ho già fatto l’abitudine ad avere i piedi rossi ed i capelli arruffati, a fare la doccia fredda, a dormire sotto ad una zanzariera e con ogni sorta di animale domestico che gira per il cortile o i gechi attaccati sul soffitto, le rane nel lavandino. Non faccio più caso a come mi vesto e cercare di tenere in ordine e pulito è una causa persa! Ho visitato il centro e parlato con il fisioterapista, ci sarà un bel po’ di lavoro..I casi più frequenti sono neurologici e malformazioni dovute a malnutrizione..Non c’è bisogno di una grande scienza ma ci si limita all’indispensabile…

Non immagini il viaggio per arrivare fin qui, attraverso gli altopiani malgasci al tramonto, per poi essere inghiottiti dalla strada sterrata piena di buche (gli ultimi 14 km in 45 min!) e dalle tenebre più nere. Ci abbiamo messo più di dieci ore e non credo ci sarà mai documentario capace di eguagliare l’avventura. Alle 18 il sole qui è già tramontato (siamo in inverno) e la notte cala con una rapidità tale da lasciarti senza fiato e impreparato. La corrente va e viene e non si può far certo affidamento sull’elettricità ma solo su torce, pile e buona sorte.

Mi sembra tutto così lontano, sono talmente concentrata a vivere e sopravvivere che mi sembra di aver perso la vecchia memoria per far posto a tutto il nuovo che ci devo registrare! Comunque ho ancora un week end libero, per “ambientarmi” ed iniziare poi con il vero e proprio ritmo di lavoro malgascio.

Di coccodrilli ancora nessuna traccia, anche se si dice che ce ne sono due che si aggirano nei paraggi, in compenso è pieno di zanzare (forse avrei dovuto fare anche l’antimalarica?!), cani randagi e scarni, polletti ruspanti…

La cosa più bella è che qui la gente sorride sempre, nonostante…

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Oltre al bestiario che mi circonda non ho ancora scritto dei miei compagni di avventura che mi aspettavano nella capitale: un’infermiera, una puericultrice con sua nipote ed un vetraio che dovrà sabbiare tutti i vetri dell’ospedale in costruzione. E così non sono del tutto sola, anzi: siamo un gruppo ben assortito, in cui ognuno ha le sue mansioni e non ci si pesta i piedi..

Ma è la gente del posto che io vado a cercare. Ho fatto conoscenza con alcune delle donne malgasce che lavorano nel centro e con loro mi perdo tra le bancarelle del mercato a comprare parei, tamarindo e curcuma (mi sto facendo una cultura di piante, radici e semi da riempirci la valigia e la mia credenza!), con loro, che hanno la pazienza di spiegarmi e descrivermi ogni cosa strana che cattura la mia attenzione (quindi tutto o quasi), riesco a immergermi ancora di più nei colori, sapori odori e profumi. Meglio non essere troppo schizzinose e soprattutto non farsi troppi problemi: il contatto umano è strettissimo, il sistema immunitario stimolato al massimo, le condizioni igieniche del tutto precarie! Ma chi se ne frega! L’unica cosa che da occidentale non riesco proprio a sopportare sono le macellerie a cielo aperto con frattaglie e pezzi sanguinolenti che si mischiano alla polvere della strada e nugoli di mosche. A dirti la verità, però, gli spiedini di zebù che arrostiscono sulla griglia sono una cosa eccezionale..Mettici poi “un paio” di birre malgasce che arrivano a 7 gradi, bevute sotto un cielo di stelle che sembra di poter toccare se solo allunghi la mano….Beh, è disarmante quanto ti possa travolgere la semplicità! Anche anime un po’ inquiete come la mia qui imparano a star serene, è una calma fatta di armonie che, vivendo in modo così concreto nel presente è facile crearsi e mantenere..Me lo vorrei portare a casa questo modo di sentire, farlo mio, aldilà delle reali differenze e stili di vita, mentalità e ritmi.

Mi piace fare una camminata fino al porto al tramonto (ormai giro scalza, mi fa sentire così libera!!.. sarà difficile rimettere la scarpe), quando la vita nelle capanne si anima, le donne cucinano o fanno treccine alle bambine, si accendono i primi lumini e le mandrie fanno ritorno in paese. Anche il fiume è stanco e si prosciuga, così gli uomini si dedicano alle loro barche: l’acqua tornerà l’indomani mattina. Le strade si riempiono di giochi, polvere, odori, cibi e risate..Non ci sono orari, si vende di tutto a tutte le ore..si condivide, si mangia all’aperto..ma l’interno delle loro case, così ridotto ed essenziale, mi pare protegga e nasconda un’intimità segreta e unica in questo marasma di gente!

Sto facendo un sacco di foto, ma le più belle sono quelle che non riesco a scattare perché talmente rapita da dimenticare di premere il pulsante!

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Solo un paio di mani contro superstizioni, credenze di ogni genere, dignitoso dolore e malattie..Sconcertante che una giornata sola di esperienza qui valga un intero anno universitario per intensità, apprendimento, cose viste e fatte! Arrivano anime che si trascinano dietro corpi d’ebano prosciugati dalle fatiche, plasmati da necessità e malattie, stanchi..Le mani che cercano di allentare muscoli contratti che raccontano una vita di solo lavoro: in malgascio, ho scoperto con vergogna, parole come “rilassato” e “comodo” non esistono! Non ci sono termini per rendere questa condizione del corpo e dello spirito. Non ci sono alternative al mero fatto di esistere per mantenersi vivi. Non indovineresti mai la “terapia” più applicata e che, immagino, sarà quella con cui più di tutte potrò contribuire al lavoro qui: massaggio massaggio massaggio! Soprattutto agli addominali, perché a forza di pestare il riso per liberarlo dalla crusca, i contraccolpi presi ogni volta che il bastone colpisce il fondo del mortaio causano veri e propri crampi. Le diagnosi fatte da Daniele sono per lo più dello stesso tenore: contratture e dolori muscolari dovuti da affaticamento..Poi ci sono emiplegici da mobilizzare, bambini con paralisi cerebrali e malformazioni dovute a carenze alimentari e igieniche, donne che subiscono aborti e vengono dal fisioterapista nella speranza di qualche rito propiziatorio, piedi torti, cecità..

Ieri ero a caccia di coccodrilli a bordo di una piroga in una delle più belle riserve malgasce, mi sono ritrovata immersa in una foresta decidua secca con macchie di piante tipiche di queste regioni aride, tra esemplari mai visti, strani, di ogni colore e forma, ho visto baobab e lemuri, aironi..un paradiso. Oggi, invece, ho conosciuto “l’inferno”, la sofferenza di questa gente che, seppur così dignitosa e fiera, pur non sbraitando o pretendendo, ha negli occhi una rassegnazione e una stanchezza tali da raccontarmi la loro storia con un solo sguardo!

Non trovo un finale per questa mail, ci sarebbero da dire tante cose, ma le parole davvero si sprecherebbero: magari poterti dare i miei occhi per un momento e mostrarti ciò che sto vedendo e vivendo io, da un estremo all’altro, demoni e meraviglie..

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Alle 4.30 il minareto, alle 6.00 il campanile..e poi è tutto un susseguirsi di altoparlanti dai bordi delle strade a richiamare adepti! In Madagascar le sette spopolano, ce n’è per tutti i gusti: a voi la scelta! In ogni caso è la musica ad accompagnare sin dal primo mattino celebrazioni, riti e litanie! Non si sta mai fermi, il corpo ondeggia e freme sempre in balia di qualche ritmo! Non c’è pace per i sensi, sempre qualcosa da assorbire, sentire, captare, annusare. Anche gli elementi più naturali assumono connotati diversi: non si sa mai di che colore sgorgherà l’acqua dal pozzo:oggi rossa, ieri era verde..e la bevono comunque!! La terra è arsa e arida ma allo stesso tempo coperta da una vegetazione così lussureggiante da far credere ad una ricchezza nascosta infinita e generosa. Non si respira aria, ma un insieme di odori, polvere e siccità, è inverno ma si muore di caldo, l’unica fonte energetica sicura e disponibile è il fuoco (pensa che qui, in pieno centro paese c’è la pompa della benzina..non sempre arriva però!) ma è solo fumo quello che ti brucia gli occhi o invade le strade, brace per cucinare e carbone che viene venduto in sacchetti di plastica al mercato. La fisica qui sovverte le sue leggi, sabotandole, come la pompa dell’acqua che qualche malintenzionato ha manomesso oggi al centro, lasciando tutto il dispensario anche senza corrente, perché di conseguenza è andato in corto circuito l’impianto elettrico. Immagina le condizioni in cui si è dovuto lavorare (come se le solite fossero già delle migliori!!), con le soluzioni alcooliche per pulirsi le mani tra un paziente e l’altro, senza corrente, luce, acqua nei bagni.. é trascorsa una settimana e ho già gli occhi pieni, ma quello che più mi sconvolge e mi rode il fegato è che spesso basterebbe davvero poco per assicurare una vita migliore a queste persone. Ci sono casi di piedini torti che, se opportunamente ingessati per un paio di mesi, tornerebbero quasi del tutto normali. Ma manca il materiale o i soldi o le competenze..Guardi gli occhi di questi bambini e pensi a quello che li aspetta e a quanto poco ci vorrebbe per evitare una condanna. Mi sento impotente, lo sono, ma si continua, come loro, a resistere e sperare! Oppure casi di rachitismo con i femori completamente deformati che si sarebbero potuti operare se presi in tempo. Le protesi, quando si riescono ad avere, vengono costruite dai fabbri, non dagli ortopedici. Oggi è tornata una bimba con un’ anchilosi dell’anca accompagnata dal suo papà, che ha fatto la mobilizzazione insieme a me per imparare a farla lui a casa, visto che non c’è garanzia di un servizio di assistenza per gran parte dell’anno, ma dipende dalla disponibilità di gente che viene a farlo..

Però oggi è venerdì, serata di festa, balli sfrenati, musica e concerti! Tutti mettono da parte le fatiche ed i pensieri della giornata e ci si scatena. Io pure! Te l’ho detto no? Da un estremo all’altro con una naturalezza sconcertante!

Me ne sto seduta accanto ai bracieri su cui cuoce la nostra cena. Riso, ovviamente, e manioca se sono fortunata (mi piace, è dolce..), poi pesce fritto o zebù in umido..

Tafandria mandry ..Buona notte…(anche se si tirerà tardi!)

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15.09.2011

Da domani resterò sola a gestire la fisioterapia del centro. Ho paura ma non abbastanza da distogliere la mia mente ed il mio cuore dal motivo per cui mi trovo qui. Già esserci è tanto. Conosco i miei limiti ma so che ce la metterò tutta per dare a questa gente almeno un po’ di sollievo…Portare conforto e dare attenzione non implica una laurea e comunque quello che ho imparato durante i tirocini e ciò che ha saputo mostrarmi e trasmettermi Daniele, il fisioterapista che “mi lascia il posto”, mi farà da guida. Stare qui mi sta insegnando a gestire meglio le mie emozioni, perché è un’esperienza che mi sta rendendo più sicura. Il fatto sta nel dare il giusto peso alle cose, capire e accettare. Accettare! Questa è la cosa più importante che ho imparato fin’ora! Non implica rassegnazione ma serenità nell’agire.

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18.08.2011

…. é il momento più bello della giornata: quando cala il sole ed io mi incammino verso “casa” dopo una giornata di lavoro massacrante, che mi lascia le ossa rotte e l’animo grave. É l’ora più bella della giornata, dove sento che più è pesante la stanchezza più ritemprato l’orgoglio per aver fatto, aver dato, aver portato a termine il mio compito. A modo mio, magari con semplicità, ho saputo superare gli ostacoli, tutte le problematiche e le aspettative, che ogni persona che arriva al dispensario mi porta! Guardo le facce della gente che incrocio, visi e sorrisi, raccolgo a piene mani i saluti dei bambini che ormai quando mi vedono passare mi urlano un “Ciao!”, che i primi giorni, quando glielo dicevo io, li faceva tanto ridere. Ogni passo la stanchezza viene meno, mi faccio prendere dalla vita di strada, il rosa del tramonto tinge ogni cosa, regalando tonalità e sfumature diverse ad ogni contorno che sfiora, le voci mi raggiungono fin dentro il più profondo dei miei pensieri e sentirsi soli è impossibile! Ecco cos’è questa strana e bella sensazione: per la prima volta mi sento creativa, artefice, presente come non mai, immersa nella realtà e ad essa partecipe! Eppure non è la mia, anzi, la sento molto lontana dal mio mondo! Faccio fatica a stare qui, non c’è nulla che possa mettere a suo agio un’occidentale e non parlo di lussi e comodità, ma di basali servizi e bisogni di sussistenza. Lavoro ormai da una settimana senza acqua e corrente, nessuno sa cosa sia la pulizia, non si cambia lenzuolo tra un paziente e l’altro (non ce ne sarebbero anche volendo!), gli odori mi fanno girare la testa, non si trova un angolo di intimità per ricaricarsi ed estraniarsi un momento..si nasce, si cresce, vive, muore per terra, sempre per terra! tra ogni tipologia di essere vivente pulcioso e randagio, tra escrementi che nella stagione delle piogge ti galleggiano al fianco, tra rifiuti e rigagnoli, teli ricoperti da mercanzia e dai frutti che la terra riesce a dare e che ognuno cerca di vendere prima che le mosche non consumino tutto. Mi dico che non riuscirei mai a vivere in questo modo, ma per adesso ci sono immersa fino al midollo e l’unica cosa che mi è dato di fare è farmi un bel pianto liberatorio ogni tanto e ricominciare..Poi arriva l’ora più bella, il sole cala ed io me ne vengo verso “casa” immersa nel rosa e affascinata dall’ambiente che mi circonda e abbraccia stretta stretta, così pittoresco e unico…davvero unico! Non sa di Africa: le categorie e gli stereotipi paesaggistici non sono quelli tipici del “Continente Nero”, i colori e le forme sono altri, la gente diversa, l’immaginario che ci si aspetterebbe cambia in relazione alla Natura di questa “isola di mezzo”, porta tra Africa e India, dove si mescolano tante culture e razze, religioni e credenze, paesaggi e scenari, sensazioni diverse.

Cammino per la strada impolverata e ritrovo quelli che ormai sono diventati punti di riferimento: la bancarella della frutta (banane e arance, sempre ben ammonticchiate a creare composizioni espositive allegre e singolari!), l’angolo dove si vende il carbone, la “madame” che frigge la manioca, la casa in mattoni rossi con il grande cortile dove giocano sempre un sacco di bambini, l’enorme albero protettore che regala la sua ombra e le sue radici ai passanti stanchi in cerca di riposo..Questa sera mi ci sono seduta sotto anch’io, ho appoggiato la schiena al suo nodoso tronco vecchio e nerboruto e ho guardato in su..volevo stare in ascolto e vedere se mi veniva rivelato qualche segreto per la felicità! Le sue fronde mi hanno detto di imparare ad accettare..

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26.08.2011

Una mattina come le altre, se non fosse che oggi è il mio ultimo giorno di lavoro.

Ogni venerdì c’è mercato e l’afflusso di gente, che arriva in paese e che quindi ne approfitta per venire anche al dispensario è maggiore. Meglio iniziare per tempo, mi dico! prima si inizia e meglio è, per riuscire ad “accontentare” tutti. Non c’è ancora nessuno degli inservienti che lavorano al centro, a parte la donna delle pulizie e il giardiniere tutto-fare. Ho le chiavi e c’è già il primo paziente in attesa. Improvvisamente vengo chiamata dalle urla dell’ostetrica alle prese con un parto difficile ed inatteso, bisognosa di una mano. Mi son sentita mancare ma non c’era tempo per sentirsi male, figuriamoci svenire!! Incredibile con che facilità si possano trovare forze e spirito per affrontare ogni situazione, anche la più incredibile! Mi sono svegliata e non ero più io, di colpo sapevo cosa dovevo fare, dove mettere le mani, come tenere, prestare le prime cure e medicare il bambino, lavarlo e vestirlo mentre l’ostetrica assisteva la madre. E pensa che tra noi non c’è stato scambio di parole comprensibili all’orecchio dell’altra! Solo sguardi e cenni di assenso. Tre donne coinvolte in una realtà ancestrale scritta in ogni gene femminile di qualsiasi razza e colore! Meraviglioso l’attaccamento che queste donne conservano ancora con la Terra e che, purtroppo, noi occidentali stiamo perdendo! Fino a quando aveva le doglie la partoriente è stata sdraiata sul lettino dell’ambulatorio, poi, quando ha sentito che è arrivato il momento si è alzata e si è sdraiata per terra, per dare alla luce il suo bambino! Io osservavo stupita senza nemmeno accorgermi che stavo piangendo, commossa dalla sacralità della scena a cui avevo il privilegio di poter assistere e partecipare, soprattutto partecipare! perché una gomitata dell’ostetrica mi ha richiamata alla realtà: non c’era tempo per stare in adorazione ma si doveva aiutare il miracolo a compiersi!

Per un attimo mi è venuto da ridere facendo un paragone con le partorienti e le sale parto in Italia: ma ci pensi se da noi succedesse una cosa del genere!? Non ho sentito urla e grida, non c’è stata frenesia, casino e clamore..tutto si è svolto nel silenzio e con una naturalezza che credo sia, o dovrebbe essere, normale! Non provo nemmeno a descrivere cosa mi si è mosso dentro, il guizzo dell’anima che ho provato, la profondità dei sentimenti che ho sentito…

La mamma non aveva ancora pensato al nome per il bambino, ed ha chiesto a me di trovarne uno..

Mi viene una gran voglia di vivere!!

 

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